Saint Louis fu fondata dai francesi alla fine del Seicento e fu il centro della tratta degli schiavi e del commercio della gomma. Le architetture confermano l’importanza che ebbe in passato questa città del Nord del Senegal, capitale dal 1872 al 1895 di tutta l’Africa occidentale francese.
Nel silenzio dell’alba mi avvicino al ponte di ferro che scavalca il fiume Senegal per raggiungere quel lungo e stretto lembo di città che si affaccia sull’oceano. Da questa immensa lingua di sabbia che ho davanti a me, negli anni, sono partite decine di imbarcazioni cariche di migranti verso le Canarie.
Un uomo scruta il mare pregando, forse ricorda le tragedie di chi ha sfidato quelle acque in cerca di riscatto. Sull’orizzonte navigano i grandi pescherecci delle multinazionali che rubano sardine, ricciole e orate agli umili pescatori locali che ogni notte remano al largo su semplici piroghe colorate stracariche di reti.
Mi avvicino a un gruppo di persone. Sento la forza impetuosa della corrente sui piedi; per nulla al mondo mi perderei la scena: si scarica il pesce da una barca appena planata sul bagnasciuga; s’inizia a mercanteggiare; le donne affumicano e salano le sardine su impalcature di legno; i carretti trainati da spossati cavalli trasportano cernie, ricciole e piccoli squali verso i camion-frigoriferi che partono per le città dell’interno e per la capitale.
Ovunque, anche oggi, e anche nell’entroterra, si prepara il cebu-jen, piatto nazionale che spesso, quando il bottino è abbondante, è a base di pesce.
Cerco di usare con discrezione la mia macchina fotografica per fissare l’incredibile vitalità di questa spiaggia. Ci sono ragazzi che giocano a pallone, anziani che discutono, bambini che si nascondono e donne che trasportano sulla testa ogni genere di mercanzia.
I pellicani frugano tra spazzatura e macerie. La luce sta diventando troppo intensa e anche il caldo si fa soffocante, torno in centro con addosso la malinconia della magia di un’alba che si è consumata troppo in fretta.
Andrea Foschi